Quest’anno mi sono imbattuta in un’insolita manifestazione di beneficenza che si è svolta a Torino il 3 dicembre e alla quale ho preso parte inconsapevolmente. Mi trovavo in città per far visita ad alcuni cari amici e sono stata coinvolta in questa iniziativa che definisco ‘strepitosa’. Nulla di eccezionale potreste eccepire e, invece, non è così e vi spiego perché. Credo che fare beneficenza sia di per sé una questione di educazione: bisogna insegnare con l’esempio ai nostri bambini che donare è un gesto di altruismo, di civiltà e di condivisione. La nostra società è basata sul consumismo, con tutti i danni che ne conseguono, per cui è importante lasciare aperta la porta del cuore. Almeno a Natale – tra lo shopping sfrenato, il rumore del divertimento a tutti i costi tra le luci colorate, il cibo in abbondanza – ricordarci di chi è meno fortunato di noi e ha bisogno di ‘Amore’ può essere un momento di riflessione “per chi generoso aiuta a raccontare alla vita la gioia di chi donando ricevere”, come dice Monsignore Gennaro Matino. Quindi credo che se ad avere bisogno di un amore speciale sono i bambini costretti a stare in ospedale, siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Ecco, dunque, che si mobilita una comunità, si sensibilizza, si immedesima e tende la mano. È quello che è successo a piazza Polonia di fronte all’ospedale pediatrico Regina Margherita dove si sono radunate oltre 17mila persone travestite da Babbo Natale per raccogliere fondi. Il ricavato è stato devoluto per il nuovo pronto soccorso. La manifestazione si svolge da sette anni e ogni anno si moltiplica la partecipazione delle persone che credono in quello che fanno e che vedono realizzati i progetti per i quali si impegnano a raccogliere i soldi. Ma, secondo me, la cosa più bella è vedere la partecipazione di tante famiglie con i loro bambini, tutti uniti dallo stesso sentimento.
La collettività trova in questo momento la forza di farsi percepire viva e partecipativa come, ad esempio, le molteplici aziende presenti sul territorio che non mancano di dare il buon esempio. Il Natale non è per tutti la festa gioiosa ma è fatta anche di sentimenti contrastanti, di dolori, rimpianti e mancanze. Per questo, secondo me, dobbiamo trovare un lato positivo a questo evento sacro, che ci riporta alla nascita del Bambino Gesù come simbolo di speranza, forza e rinascita in ognuno di noi. Il Natale dovrebbe essere un momento di ascolto interiore, con un significato ‘speciale’ che ci induca ad aprirci verso l’altro con delicatezza e compassione e senza distrazioni futili. E allora, cosa può essere più magico di un dono? Un dono di qualcosa di mio, semplice e generoso, ma concreto e che diventi tuo come momento di condivisione.
Inutile dirvi che l’evento è stato emozionante. Non so bene esprimervi i sentimenti che ho provato al solo pensiero che tanti bambini soffrono e hanno bisogno di cure. L’iniziativa di questa cittadina mi ha lasciato accesa la speranza che un mondo migliore è possibile, basta sapersi donare all’altro.
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Ho letto l’articolo con molto interesse fino alla fine. Il senso della vita consiste proprio nel donare, beneficare ed essere compassionevoli nei confronti dei meno fortunati, sia adulti che bambini. Il consumismo sfrenato spesso ci fa dimenticare l’indigenza circostante, che non significa solo l’assoluta mancanza di mezzi di sostentamento ma anche quei bisogni interiori che vengono a mancare nella solitudine, come uno sguardo di comprensione, una buona parola ma soprattutto un abbraccio e il saper ascoltare con umiltà e amore verso il prossimo. Queste manifestazioni che, per fortuna, non sono più delle rare occasioni devono offrire la spinta per non rinchiuderci in noi stessi e anche individualmente e nel nostro piccolo dare in nostro contributo.
Grazie Giovanna per il suo profondo commento. Ha saputo cogliere il significato del mio articolo. Le auguro un sereno Anno Nuovo.