Fortuna, la giustizia non ripaga la tua vita

Era il 18 luglio 2014 quando appariva su R.it l’articolo della misteriosa morte della piccola Fortuna Loffredo. Il funerale fu celebrato dal parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello da sempre in prima linea per la difesa del territorio martoriato dagli avvelenamenti e dalla illegalità, che in quell ’occasione chiese a tutti di rompere l’omertà e contribuire a raccogliere elementi utili all’indagine per far chiarezza sull’ accaduto. Un accaduto anomalo, che si ripresentava a distanza di un anno dove, a morire nelle stesse circostanze di Fortuna era stato un bambino, Antonio Giglio di soli quattro anni. Don Maurizio nella sua omelia disse: “Ci mettiamo nelle mani di Dio, ma si tratta di un caso molto strano, nel quale tante cose non tornano. Chi sa deve parlare, davanti a Dio e agli uomini. La madre di questa bambina chiede giustizia e la giustizia deve risposte”. Le parole di don Maurizio sono state profetiche perché i colpevoli esistevano e oggi a distanza di quasi quattro anni, sono stati condannati. Non ho dimenticato la morte di Fortuna, ci sono degli accadimenti che non si cancellano mai dalla tua mente e, basta poco perché riaffiorino sensazioni strane e sentimenti che ti fanno riflettere e pensare a quanta malvagità esiste nell’essere umano. Se a subirla sono i bambini, allora i pensieri diventano ancora più cupi e profondi. Non dovremmo mai dimenticare Fortuna, una bambina bellissima e dolcissima, come tutte le bambine della sua età, che avrebbe meritato di vivere la sua infanzia, la sua vita nel migliore dei modi seppure venuta al mondo, in un angolo sperduto, arretrato e dimenticato dalle istituzioni. La notizia della conferma dell’ergastolo per Raimondo Caputo e della condanna a dieci anni di carcere per l’ex convivente Marianna Fabozzi è arrivata come un fulmine il 9 luglio. La mamma di Fortuna ha dichiarato che è stata fatta giustizia, ma il dolore, il trauma per la tragica morte della figlia, resterà finché avrà vita. Resta l’amarezza di un caso trascurato dai media più importanti e che, invece, avrebbe meritato più risonanza per l’opinione pubblica. Fortuna è anche nostra figlia, merita di essere ricordata affinché la sua morte possa accendere i riflettori su un’infanzia abbandonata e maltrattata che merita attenzione e interventi educativi efficaci e costanti. E’ difficile, troppo difficile lo so, ma dobbiamo provarci, è un nostro dovere. A riguardo, ho letto la riflessione  di don Maurizio Patriciello sulla sentenza dei due imputati, condivisa sul suo profilo Facebook, come per dare voce a chi non è stato ascoltato nemmeno nel suo dolore. Vi riporto il suo commento di seguito. Trovo che il suo grido di umanità non debba restare inascoltato. Io faccio la mia parte… ciao Fortuna!

Il post Facebook di don Maurizio Patriciello

La Corte si ritira. Un uomo attende nervoso la sua sorte. Che ne sarà di lui? Che cosa decideranno i giudici? L’uomo è Raimondo Caputo, detto Titò, già condannato, in primo grado, per violenza carnale e assassinio di Fortuna Loffredo, la piccola Chicca di Caivano. È lunedì 9 luglio, le ore passano lente, estenuanti. Si va avanti e indietro, si chiacchiera, si telefona a qualcuno. Si scende a bere un caffè al bar. L’ansia cresce. Fa caldo, tanta gente è già in vacanza, noi siamo qui, nel tribunale di Napoli aspettando che la Giustizia renda giustizia a una bambina di sei anni finita tra le grinfie di un pedofilo assassino. Siamo in pochi, la mamma, il nonno, la zia, il parroco. Pochi anche i giornalisti. Per Chicca non c’è la ressa delle telecamere che abbiamo visto per i processi che in questi anni hanno fatto storia. Sarà la povertà in cui versa la famiglia, il quartiere; sarà perché questo delitto è uno schiaffo in pieno viso, non lo so. So solo che il vedere uomini creati a immagine di Dio tenuti in gabbia come gorilla feroci, mi procura una grande tristezza. La sentenza arriva. Finalmente. A Raimondo Caputo viene confermato l’ergastolo. Si tira un respiro di sollievo. Giustizia è fatta, sussurra qualcuno. E a me vengono le vertigini. Nei suoi settanta mesi di vita, Chicca ha sperimentato l’inferno. Sotto i nostri occhi. Ha imparato a subire e tacere; ad avere paura senza chiedere aiuto. A celare nel suo piccolo animo emozioni e dolori che avrebbero fatto scoppiare una donna matura. Fino a quel 24 giugno di quattro anni fa quando fu scaraventata dall’ottavo piano come una vecchia bambola di pezza. Nessuno vide, nessuno udì, nessuno seppe dire come andarono le cose. Omertà, paura, ignoranza, reticenza si fusero in un terrificante intreccio. A gettare luce sull’accaduto furono i bambini. Ancora loro, i bambini, protagonisti nel bene e nel male. Le sorelline di Antonio Giglio, il piccolo di quattro anni caduto dallo stesso palazzo un anno prima, furono loro a indirizzare gli inquirenti sulla giusta pista. La loro mamma, Marianna Fabozzi, compagna di Raimondo Caputo, è stata a sua volta condannata a dieci anni di pena. Purtroppo, anche loro, le bambine sono state condannate. Non dalla giustizia ma dalla cattiveria, dal vizio, dalla sciatteria. Dal peccato. Oggi vivono al sicuro lontano dalla famiglia. Preghiamo perché trovino quella serenità e quella pace cui hanno diritto tutti i bambini e che non hanno mai trovato in casa loro. Quanta sofferenza ha scatenato l’orribile reato, il terribile peccato di Raimondo Caputo. Quanti cuori sanguinanti ha lasciato in giro. Chicca è volata in cielo, ma per Mimma, la mamma e i fratellini la vita è tutta in salita. Come in salita è la vita di Marianna Fabozzi, di sua mamma, delle sue bambine. Tiriamo oggi un tristissimo respiro di sollievo. Per quanto umanamente possibile, giustizia è stata fatta. Oggi, però, non vogliamo che su questo dramma dalle dimensioni immani scenda il silenzio. Vogliamo che Chicca assurga a icona di tutti i bambini vittime dello scempio della pedofilia. Vogliamo che la sua morte atroce non sia vana ma possa suscitare un moto di vergogna, di ribrezzo, di ribellione in tutti gli italiani di buona volontà. Domenica scorsa, don Fortunato Di Noto, il prete di Avola, in provincia di Siracusa, fondatore di Meter, l’associazione impegnata sul fronte della pedofilia e della pedopornografia ha scritto: “ Dieci video pedopornografici denunciati da Meter in meno di 5 minuti. Dieci bambine violate e stuprate. Bambine naufragate nella violenza di mani adulte. Sono milioni e milioni di piccoli. Che dobbiamo fare?” È evidente che scandalizzarsi, inorridire, maledire non basta, così come non basta correre in aiuto quando lo scempio è già avvenuto. Dobbiamo pretendere che tutti, a cominciare da chi ci governa, prendino atto della gravità inaudita della pedofilia e della pedopornografia e si diano da fare. Ognuno secondo le sue capacità, le sue possibilità, i suoi poteri. I suoi doveri. Dobbiamo pretendere leggi a tutela dei minori che siano più snelle, più veloci, più efficaci. Dobbiamo farci accanto ai Paesi poveri perché i bambini non vengano venduti ai viziosi ricchi alla stregua delle cose. Dobbiamo fare in modo che di questi orribili misfatti se ne parli sempre di più, nelle parrocchie, nelle sinagoghe, nelle moschee, nei circoli culturali, nelle scuole. In televisione, sui giornali. Dobbiamo impegnarci sul serio per promuovere una cultura che metta al centro la vita. Sempre, soprattutto quando è più fragile, più indifesa, più bella. Che metta al centro i bambini e il loro diritti di essere lasciati in pace. Chiedo che Fortuna Loffredo venga proclamata piccola martire della pedofila. Padre Maurizio Patriciello.

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About Natascia Caccavale

Volli, sempre volli, fortissimamente volli. Questa è la massima a cui mi ispiro ogni giorno per trovare la giusta grinta ed affrontare la complessità della vita. Sono convinta che la volontà muova il mondo e solo attraverso essa possiamo tentare di renderci felici. Pedagogista, giornalista e scrutatrice dell'animo umano, amo vivere la vita con entusiasmo e positività. Puoi scrivermi a [email protected]

2 Comments

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    Probabilmente sto per scrivere qualcosa di impopolare, di scomodo, di destabilizzante. Ma la pedofilia, forse il più odioso dei vizi, la peggiore tra le perversioni, credo che non possa essere affrontata e soprattutto esorcizzata, solo con parole di ovvio sdegno e con condanne esemplari in tribunale. Intendo dire: Non basta; il problema è più ampio, e l’unanime ripudio dei comportamenti pedofili, la condanna di chi li mette in pratica, possono tutt’al più costituire il sia pur legittimo sfogo di una rabbia e l’appagamento di una richiesta di giustizia.
    Ma a monte mi chiederei: Perchè esiste il pedofilo? E’ solo un fuorilegge, un vizioso, un trasgressivo?
    Ecco, io qui direi: E se fosse un malato? Se quei suoi assurdi gusti e comportamenti fossero conseguenza di una malattia cerebrale? Me lo chiedo perchè, secondo una logica comune, secondo una morale definibile normale, non ha senso sentirsi attratti sessualmente da un bambino. Non è naturale, non è logico, non è… normale.
    Dunque, a mio parere, i pedofili andrebbero anche studiati, peraltro secondo visioni organicistiche e non comportamentistiche (vedi Freud e sue metastasi che hanno frenato due secoli di neuroscienza vera), per capire anche nel loro cervello, nel loro metabolismo, nei loro neuromediatori, nei loro neuroni e sinapsi…, che cosa è guasto.
    Non basta metterli in carcere a vita. Occorre anche studiarli, per cambiare loro e per prevenire che se ne sviluppino altri.
    Se si vuole avere il coraggio e la coerenza di farlo.

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      Gentile Massimo, non sono una esperta a riguardo, ma condanno la pedifilia in ogni sua espressione, sia essa una perversione o un orientamento sessuale. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la include nell’elenco dei disturbi del comportamento. È una patologia che si inserisce tra le parafilie, disturbi che comportano un’attrazione verso cose anomale, come oggetti inanimati o nei bambini. Il DSM-V definisce il pedofilo colui che ha un desiderio sessuale nei confronti dei piccoli dai 5 anni ai 16 anni, almeno da sei mesi. Nonostante una classificazione, non ci sono studi che permettano di individuare le cause del disturbo nè certezze scientifiche. Per questo concordo con Lei all’avvio di uno studio mirato, che in tutti i casi ( malattia mentale o orientamento sessuale), non deresponsabilizza il soggetto e la società, ma sensibilizzi e ponga barriere invalicabili verso questo fenomeno disumano.

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